SETTORE
LA CONTINUA RICERCA DELLA MASSIMIZZAZIONE DELL’EFFICIENZA ENERGETICA, APPLICATA ANCHE AI PROCESSI DI DEPURAZIONE DELLE EMISSIONI ATMOSFERICHE CONTENENTI COV, HA PORTATO ALL’INDIVIDUAZIONE DI UNA TECNOLOGIA CHE CONSENTE DI RIDURRE DI PIU’ DEL 30% IL QUANTITATIVO DI VAPORE UTILIZZATO NEGLI IMPIANTI DI RECUPERO SOLVENTE.
Gli impianti di recupero solvente con carbone attivo consentono di intrappolare i solventi contenuti nelle emissioni atmosferiche attraverso l’adsorbimento sui carboni attivi.
Per consentirne il successivo recupero, i solventi vengono poi rimossi dal carbone attivo utilizzando un fluido caldo che, nel caso di solventi insolubili in acqua (toluene, esano, benzene), è vapore.
Il fluido caldo ed il solvente rimosso in fase gassosa dai carboni attivi vengono successivamente condensati, raffreddati e separati per gravità. Il principale consumo energetico di questo processo è relativo all’utilizzo di vapore che deve successivamente essere condensato.
Il solvente viene quindi recuperato nel processo produttivo, mentre l’acqua condensata può essere riutilizzata per produrre nuovamente vapore.
L’obiettivo in questo caso è orientato verso il risparmio energetico e la sostenibilità ambientale. Nello specifico lo scopo è quello di ottimizzare il processo di recupero del solvente non solo dal punto di vista quantitativo, ma anche in termini di efficienza del processo di recupero, riducendo quindi il fabbisogno energetico necessario, ottimizzando le risorse utilizzate e minimizzando i residui prodotti.
È possibile ridurre il consumo di vapore utilizzato in ciascuna rigenerazione dei carboni attivi sfruttando il calore latente ancora presente nella miscela solvente-vapore (desorbato) uscente dall’adsorbitore durante la fase di rigenerazione. Nei primi minuti il vapore condensa totalmente, in quanto tutto il calore viene ceduto per riscaldare l’adsorbitore ed il carbone; successivamente il vapore (agendo solamente come mezzo di trasporto) è ancora disponibile sotto forma di vapore in uscita dall’adsorbitore.
Il leggero grado di vuoto prodotto da un termocompressore (alimentato con vapore fresco a 8-9 bar) ed al calore fornito dal desorbato, consente la produzione di vapore facendo rievaporare la condensa precedentemente accumulata.
Il vapore così prodotto, miscelato col vapore fresco di alimentazione al termocompressore, costituisce la portata di vapore necessaria per la rigenerazione del carbone attivo.
Con questo sistema, fornendo circa 0,7 kg di vapore fresco a 8 bar generato con caldaie convenzionali, si produce circa 1 kg di vapore recuperato sottovuoto (97°C) per un totale di 1,7 kg di vapore adatto per la rigenerazione (la quantità di vapore fresco immesso in questa fase è quindi solo il 41% rispetto a quella richiesta ad un sistema tradizionale).
Poiché il recupero dell’energia non è possibile nella prima fase di rigenerazione, che dura circa un terzo del tempo di rigenerazione totale, la riduzione del consumo di vapore complessivo si attesta intorno al 30% del consumo complessivo.
Il sistema è adattabile a qualsiasi impianto esistente.